Provate a chiedere a un amico, un parente, un collega, se sanno cosa sono i Consorzi per l’industrializzazione. Vi guarderanno come un marziano. Se invece lo chiedete a un consigliere comunale saprà perfettamente di cosa state parlando. Perché per molti di loro, per i politici di professione, quei Consorzi sono un formidabile arrotondamento mensile. Sicuro e poco impegnativo per chi ha già una carica altrove, sorta di pensione di lusso per chi invece l’ha persa. In ogni caso poltroncine comode nei Cda che regalano una rendita minima di qualche migliaio di euro. Benvenuti nel magico mondo delle Asi, i consorzi per le Aree di sviluppo industriale. Finalità (anzi «mission») nobilissime, utilità dubbia. In Italia ce ne sono 59, tutti concentrati nel Centro-Sud. Solo in Sardegna, fino a 4 mesi fa, ce n’erano 16, poi la giunta si è accorta dell’anomalia e ne ha tagliati 8. In Sicilia (che li sta riformando) altri 11, in Abruzzo 7, nel minuscolo Molise 3. In Lombardia, Piemonte, Liguria, Trentino-Alto-Adige, Valle D’Aosta, Emilia-Romagna: zero.
Alcuni, come l’Asi di Palermo, hanno consigli monstre di 114 delegati (consiglieri comunali, ex consiglieri, ex sindaci: tutti con una precisa targa di partito), una ressa umana nemmeno fosse l’assemblea generale dell’Onu. Ma i consiglieri ricevono solo un gettone di 40-100 euro per ogni seduta, pochi spiccioli a fine anno. Il lavoro vero lo fanno gli altri, quelli del comitato direttivo, in genere una decina, più il presidente ed eventualmente il vicepresidente, eletti dal consiglio generale e in carica cinque anni. Per i membri del comitato direttivo l’indennità, cioè lo stipendio, può variare molto, a seconda delle leggi regionali. Si va dai miseri 3600 euro annui dei consiglieri del consorzio Apuano ai 1344 euro mensili del Piceno Consind (l’Asi di Ascoli). Il tutto per riunirsi in media - dicono dallo staff di una Asi - una o due volte al mese. Presidente e direttori generali viaggiano invece su tutt’altre cifre, oltre a godere spesso di auto aziendale, segreteria, benefit. I loro emolumenti sono tarati su quelli dei presidenti provinciali o dei consiglieri regionali, dipende da regione a regione. In genere i presidenti percepiscono dai 25mila ai 40mila euro all’anno, mentre i direttori generali (tecnici, ma indicati dal partito più forte tra i comuni consorziati) arrivano anche a 200-300mila euro annui.
Nello statuto delle Asi non c’è scritto che i membri del comitato direttivo debbano essere per forza dei politici. Nella pratica, è quello che succede. Difficile fare una stima complessiva del costo dei politici nei consorzi Asi (che sono partecipati dai Comuni, dalle Province, dalle Regioni e talvolta anche dalle associazioni di industriali locali). La Ficei, cioè la federazione che rappresenta in sede nazionale le Asi italiane, interpellata dal Giornale non fornisce una cifra complessiva sui costi dei consorzi. Chiedere i compensi direttamente agli Asi consorzi è impresa vana, perché li custodiscono gelosamente nei loro cassetti. Allora la stima, sulla base dei bilanci consultabili, deve essere per forza ipotetica. Prendendo come base il costo del cda di un consorzio «economico» come quello di Terni (65mila euro all’anno di compensi tra presidente e amministratori), il costo collettivo per i 59 consorzi sparsi in Italia arriva a 3.835.000 euro, solo per il mantenimento degli organi politici. Senza calcolare gli altri dipendenti, dal direttore generale all’ultimo impiegato.
Di solito, però, il numero dei «politici» sovrasta quello dei dipendenti. Al Consorzio per la Zona Industriale Apuana (Zip), provincia di Massa Carrara, i commissari politici sono 16, i dipendenti 6. «È uno dei grandi carrozzoni della nostra provincia - dice Lanmarco Laquidara, capogruppo Forza Italia a Massa Carrara -. Elargisce stipendi e di fatto non fa un bel nulla. In teoria dovrebbe promuovere e facilitare l'insediamento di nuove aziende nella zona industriale apuana, ma nei fatti è preda dell'immobilismo più totale e gli ultimi (pochissimi) insediamenti sono stati in realtà una beffa».
I consorzi poi partecipano in altre società pubbliche, di cui nominano i vertici, in una serie di scatole cinesi che assicurano incarichi e prebende a catena per altri politici. Il consorzio per lo Sviluppo Industriale della Provincia di Avellino, per esempio, partecipa in altre 7 società. Ai vertici del Consorzio Asi di Avellino, per fare un esempio, siedono: Pietro Foglia (presidente, di provata fede demitiana), Luigi Famiglietti (sindaco di Frigento, Pd), Antonio Spiniello (vicesindaco di Grottolella, centrosinistra), Giuseppe Di Iorio (Pd, comitato provinciale), Modestino Verrengia (consigliere comunale Avellino, Pd), Agostino Maiurano (ex sindaco di Nusco, centrosinistra). Occupazione totale. «Avevamo provato a riformare radicalmente i consorzi nel ’98 - dice Francesco D’Ercole, consigliere regionale campano di An -, ma non è passata, troppe resistenze. La maggioranza nei consigli dovrebbe esser composta da imprenditori, invece i consorzi Asi rimangono preda delle brame fameliche dei partiti. All’Asi di Avellino, racconta un ex revisore dei conti del consorzio, il presidente guadagna 5300 euro al mese, i commissari 3500. Ovviamente cumulabili con le indennità da sindaci e consiglieri comunali.
Nessun commento:
Posta un commento