Ho letto la lettera che Franco Arminio ha inviato a Bassolino. Sono molto d’accordo con lui: se non si estirpano denti malati la bocca in cui viviamo non guarirà mai.
A tutti fa piacere, dal Risorgimento in poi, mantenere purulento il bubbone della Campania. Forse siamo alla resa dei conti. In tutti i campi. Ma se non ci rialziamo da soli, se speriamo ancora nell’aiuto esterno continueremo a essere un bubbone purulento a cui qualcuno ogni tanto presta il primo soccorso senza preoccuparsi di guarirlo.
Secondo me stiamo accettando troppe cose senza discutere. Ci impongono troppe cose senza dibattiti. Il regime che ormai si è palesato e in cui siamo caduti è una trappola d’oro che nasconde le sue sbarre infiocchettandole di canditi e zucchero filato. Ma sotto c’è il marcio, il purulento bubbone che si espande, che cresce e che esploderà prima o poi come un fuoco d’artificio o un vulcano che pialla, livella, rade al suolo.
Purtroppo, troppo dopo.
Oggi è stata una giornata complessa - come tutte oramai – da cui sono riuscita a uscire indenne e col cuore leggero. Una discussione in particolare mi ha inchiodata alla sedia per due ore buone, una discussione a più strati in cui si accavallavano voci distinte.
Una di queste mi ha trasmesso un’immagine interessante: prima se anche ci andava male qualcosa avevamo la sensazione di camminare al massimo sul bordo di un marciapiede, su uno scalino protettivo che comunque ci preservava dalla violenza e dalla forza delle automobili. Oggi questo marciapiede non c’è più e noi camminiamo in campo aperto, su una strada a scorrimento veloce cercando di scansare le auto, i motorini, i tassì, gli autobus, le biciclette e gli altri milioni di pedoni che fanno come noi.
Ecco, siamo sbandati, abbiamo perso i nostri punti di riferimento, le nostre certezze. Non c’è più nulla, la verità è che ci manca la terra sotto i piedi e diventiamo giorno dopo giorno sempre più palloncini gonfi d’elio che volano finché non incontrano un ostacolo e poi scoppiano.
Serena Gaudino
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